Badia a Passignano: San Giovanni Gualberto

Badia a Passignano

Badia a Passignano

Un dono prezioso

Badia a Passignano è un incantevole borgo letteralmente immerso nella natura del Chianti fiorentino, nel cuore dell’omonima Area Naturale Protetta.

Una visita da queste parti offre perciò diversi spunti.

In primo luogo religiosi, visto che il complesso monastico di Badia a Passignano è stata sempre un luogo particolarmente caro a San Giovanni Gualberto, il suo fondatore che qui riposa. Secondariamente storici-artistici perchè al suo interno si trovano conservate opere d’arte interessantissime. Sicuramente ambientali, per la ricchezza naturalistica dell’Area Protetta ed infine eno-gastronomici legati alla produzione locale di Chianti Classico.

La storia dell’Abbazia, intorno alle quale si sono distribuite le poche case del paese, inizia nel 1049. In quell’anno i signori che avevano il giuspatronato dell’antica chiesetta offrirono a San Giovanni Gualberto la stessa. E da questo momento le vicende del santo si sono strettamente intrecciate con quelle dell’Abbazia passignanese. Probabilmente questo particolare attaccamento a Passignano fu dovuto al fatto che Gualberto nacque secondo tradizione non troppo lontano, presso il Castello di Pretojo.

Forse per questa ragione Gualberto trascorse qui anche gli ultimi anni di vita fino alla morte, avvenuta nel 1073. Da quel momento il cenobio continuò in ogni caso ad occupare un posto di prestigio nell’ambito dell’ordine, diventando un centro di formazione per i giovani monaci e persino Galileo Galilei vi fu impegnato come docente.

Trasformato in villa signorile dopo l’acquisto da parte di una contessa polacca nel 1870, dal 1986 i monaci sono tornati, impiantando una piccola comunità monastica.

 

 

 

 

 

 

Oggi, nonostante i rimaneggiamenti e le integrazioni succedutisi nel corso dei secoli, la Badia dedicata a San Michele Arcangelo conserva integro l’impianto architettonico frutto dell’ampliamento duecentesco.

Della primitiva chiesa del XI secolo rimane solo una piccola cripta, il resto che si apre dinanzi a noi si presenta così come modificato nel ‘500.

Alessandro Allori, ormai affermato pittore della corte medicea, e bottega viene chiamato proprio negli anni ottanta del Cinquecento ad affrescare la Cappella di San Giovanni Gualberto. Si ritrae tra i partecipanti alla “Ricognizione delle reliquie del santo” insieme al “saturnino” accigliato Francesco I deMedici. 

Ma i Vallombrosani furono soprattutto gli sponsor maggiori di un pittore nativo del luogo, Domenico Cresti che con il nome del monastero fece fortuna.

Suoi gli affreschi (1600) della Cappella Maggiore dedicata a San Michele Arcangelo con un sapiente scorcio prospettico già barocco. Maggiore è la libertà compositiva delle tele laterali.

Nel secolo successivo affidarono invece in toto il rinnovamento pittorico della chiesa a Giuseppe Nicola Nasini, pittore amiatino. Splendidi i piccoli martirii degli Apostoli a monocromo.

Vale la pena soffermarsi a guardarli non appena entrati, prima di essere attirati dalle opere del presbiterio!

Mettendosi d’accordo con i monaci è inoltre possibile accedere al monastero vero e proprio, comprendente il Chiostro, la monumentale cucina e il refettorio con un cenacolo dipinto da Domenico Ghirlandaio, per finire con un altro grande artista, questa volta quattrocentesco.

A parole non è possibile naturalmente spiegare il fascino di questi luoghi. Occorre vederli e vivere una esperienza unica!

 

 

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